I redditi di lavoro autonomo, quando riguardano prestazioni con soggetti passivi di imposta, obbligano il committente ad effettuare una ritenuta d’acconto sul compenso del professionista. In pratica il cliente, che opera in qualità di sostituto di imposta, trattiene dal compenso da versare al professionista una somma pari al 20% del compenso lordo e lo versa a titolo ritenuta d’acconto come imposte dovute dal professionista.
Sarà poi il professionista, in sede di dichiarazione dei redditi, a scomputare le imposte anticipate dai committenti dal proprio debito IRPEF: il documento che consente al professionista di poter scomputare dal proprio reddito le ritenute versate è la Certificazione Unica rilasciata dal sostituto di imposta.
Ma cosa succede quando il Sostituto non rilascia la certificazione delle ritenute versate?
Questa è una delle questioni più dibattute negli anni con susseguirsi di chiarimenti e sentenze spesso in contraddizione tra di loro.
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Scomputo senza certificazioni: le posizioni
Negli anni la Cassazione ha più volte affermato che la certificazione rappresenta l’elemento unico in grado di provare il corretto adempimento da parte del sostituto di imposta, confermando come questo documento rappresenti l’unico documento in grado di consentire lo scomputo della ritenuta.
La giurisprudenza di merito, con sentenze delle Commissioni tributarie, ha avallato la possibilità del professionista di dimostrare con assoluta certezza i compensi incassati al netto delle ritenute d’acconto anche con altri documenti.
A dire il vero l’Amministrazione finanziaria già con la risoluzione 68/2009 ha consentito al contribuente di poter scomputare le ritenute subite a condizione che sia in grado di provare tramite la fattura e la documentazione bancaria l’assoggettamento a ritenuta. La documentazione prodotta dovrà essere integrata da una dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio la quale attesti che il pagamento si riferisce ad una determinata fattura regolarmente contabilizzata. Quindi in fase di controllo sarà necessario esibire:
- Copia della fattura con ritenuta applicata;
- Copia della documentazione bancaria dell’incasso;
- Dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà.
Di conseguenza, in assenza della certificazione, nessuna possibilità di scomputo per le parcelle incassate in contanti.
La questione delle ritenute in Parlamento
La questione dello scomputo delle ritenute è stata affrontata con un’interrogazione parlamentare. Anche in questo caso è stato fatto riferimento alla giurisprudenza di merito che ha affermato che la responsabilità solidale del committente (sostituito di imposta) è prevista quando le ritenute non sono effettuate né versate.
La risposta si è soffermata principalmente sullo scomputo delle ritenute prive di certificazione, richiamando la risoluzione 68/2009 in precedenza citata e collegando lo scomputo alla produzione della documentazione elencata nel paragrafo precedente, ma non si è espressa sulla responsabilità solidale tra sostituto di imposta e committente che resta argomento molto dibattuto in giurisprudenza.
Scomputo Ritenute dopo il 193/2016
Con il DL 193/2016 sono state riviste le possibilità di scomputare dal reddito dichiarato le ritenute subite nel caso in cui reddito e ritenute si suddividono in due periodi d’imposta diversi.In sintesi:
- le ritenute subite anteriormente alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi, sempreché siano riferite a redditi che concorrono alla formazione del reddito complessivo, si scomputano dall’imposta lorda del periodo per il quale è presentata la dichiarazione dei redditi;
- le ritenute subite successivamente alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi, possono essere scomputate nel periodo d’imposta in cui sono state effettuate, anche se il relativo reddito è stato già dichiarato nel periodo precedente.
In questo caso (particolarmente rilevante per agenti e rappresentanti) giocano un ruolo fondamentali le date di rilascio delle certificazioni uniche che, in caso di versamenti in ritardo, possono essere anche più di una.
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