L’acqua è presente sul nostro pianeta in una percentuale molto alta, pari a circa il 70% rispetto alle terre emerse. Tuttavia, quella dolce è solo il 2,5%. Una dissonanza che si traduce nella ricerca sempre maggiore di questa fonte insostituibile per la vita. Tra le metodologie impiegate anche in Italia al fine di ottenere acqua potabile, vi sono la dissalazione di quella di mare e la depurazione.
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Un desalinizzatore è un sistema complesso di cui fanno parte anche numerosi sistemi di pompe idrauliche ad alta efficienza come le elettropompe industriali di OME. Esistono varie tipologie, tutte atte ad aspirare l’acqua tramite sistemi meccanici: quelle a pistoni creano pressione seguendo proprio il movimento alternato di tali elementi, mentre quelle a centrifuga impiegano questa rotazione così da incanalarla dove serve.
Un dissalatore molto semplice nel suo funzionamento è quello a evaporazione: il principio è quello di lasciare che l’acqua di mare recuperata evapori mutando così in acqua dolce, separandosi dal sale.
Vi è poi il modello a osmosi inversa, che utilizza un filtro atto a trattenere il sale. L’acqua si convoglia nel circuito ad alta pressione (fino a ben 70 bar) in modo da essere letteralmente filtrata.
Infine, la dissalazione a scambio ionico consente di ottenere acqua estremamente pura in un breve lasso di tempo, ma di norma è una modalità usata per quantità minime. Si tratta di eliminare gli ioni di Cloruro di sodio (ovvero il sale) grazie a delle resine.
Non è raro che si impieghino dissalatori combinati, che uniscono in parte o completamente queste tecnologie.
Va specificato che la depurazione dell’acqua non sempre equivale a renderla potabile; piuttosto, come avviene per quella reflua, l’intento è ovviamente quello di ridurre l’inquinamento. Prelevando acqua da laghi o fiumi, ad esempio, occorre che vi sia anche un processo di potabilizzazione con l’aggiunta di cloro.
I depuratori di acque reflue, quindi, sono usati principalmente perché l’ambiente non sia contaminato da agenti dannosi. Subiscono quindi procedimenti di vario tipo, a partire da quelli fisici: innanzitutto si eliminano le parti più grossolane (pietre, sabbia, ecc.) mediante filtri di vario genere.
Quindi sopraggiunge un trattamento chimico per mezzo di catalizzatori che consentono alle parti che non sedimentano naturalmente di diventare più pesanti e scendere in basso, separandosi dal resto del liquido.
Infine, mediante processi biologici innescati da microrganismi sia aerobici che anaerobici, l’acqua viene separata dal cosiddetto fango, la sostanza più solida e “inquinata”.
Le acque potenzialmente potabili come quelle piovane, per entrare nelle nostre case, come già accennato, subiscono un trattamento similare di depurazione. Successivamente, si aggiungono sostanze come l’anidride carbonica di tipo alimentare, il biossido di cloruro e battericidi di vario genere.
Un passaggio molto importante è quello di adsorbimento (e non assorbimento!) dato dai carboni attivi. A questi si legano tutte quelle sostanze disciolte in acqua che risultano pressoché invisibili, come particelle di insetticidi o altri metalli pesanti.
Queste sostanze poi subiscono il cosiddetto contro lavaggio, un passaggio attraverso filtri che trattengono tutte le impurità “catturate” dal carbone attivo.
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