Le assicurazioni auto sono un tallone d’Achille cronicizzato nella storia dell’industria automobilistica italiana. Il caro-Rc auto tartassa gli automobilisti ma anche le aziende, costrette a pagare le tariffe più care d’Europa. E se per ovviare parzialmente al problema è possibile porre le assicurazioni auto proposte dal mercato a confronto e individuare le soluzioni più convenienti, vi sono ulteriori spese che pressano sulle imprese italiane, come il carburante e la fiscalità, impossibili da contrastare.
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LeasePlan, società che si occupa di noleggio auto a lungo temine e di gestione di flotte aziendali, ha condotto uno studio per analizzare il mercato italiano in relazione agli standard europei, rivelando come le difficoltà cui sono costrette a far fronte le aziende nostrane sono superiori rispetto a quelle affrontate negli altri Paesi dell’Unione Europea .
In Italia, le assicurazioni auto aziendali presentano costi più alti rispetto alla media UE, così come risultano particolarmente gravanti gli oneri relativi al bollo auto e alla revisione. In tal caso,a pesare particolarmente sulle tariffe è il fenomeno delle truffe, che nel Belpaese dilaga e che, ad oggi, il Governo non si è dimostrato in grado di arginare, nonostante una serie di leggi proposte (e quasi sempre naufragate) negli ultimi mesi.
Secondo uno studio della Federazione Italiana Gestori Impianti Stradali Carburanti, in Italia, nel periodo compreso fra il 2005 e il 2014, il prezzo del carburante è aumentato del 3%, a fronte di un andamento dei prezzi che in Europa ha registrato, nello stesso periodo, una flessione media del 5%. A gravare sui costi della benzina italiana sono soprattutto le accise (ancora paghiamo l’accisa sulla guerra in Etiopia del 1935-46). Il 49% degli oneri affrontati, infatti, è dovuto a gabelle di natura governativa e solo il restante 51% al reale trend di mercato del carburante.
Altra zavorra per l’assicurazione auto delle imprese italiane è quella della fiscalità: la deducibilità del reddito imponibile per le dichiarazioni IRPEF o IRES, così come la detraibilità dell’IVA, in Italia è particolarmente sfavorevole. Il calcolo della quota deducibile nel nostro Paese tiene conto sia dell’inerenza del veicolo all’attività d’impresa e sia della forma giuridica nella quale il contribuente svolge la sua attività.
Diverso il discorso in quasi tutti gli altri Stati UE, dove il secondo parametro non viene considerato mentre fa testo la quantità di emissioni del veicolo; ovviamente, le auto a bassa emissione sono quelle che giovano delle detrazioni più significative.
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