Non solo sicurezza, ma anche praticità, decoro e, non ultimo, eleganza: sono molteplici le mansioni e le professioni che richiedono un “dress code”, ovvero il possesso di un abito da lavoro o comunque di una divisa riconoscibile e regolare. Ma a chi tocca acquistarla? E come si può scegliere il prodotto giusto?
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A questa seconda domanda risponde direttamente il Web, e per la precisione il portale divise&divise, che propone la vendita di abbigliamento da lavoro adatto a varie tipologie professionali, dalla ristorazione alla sanità, passando per hair stylist e scuole. Il vantaggio per gli utenti sta nella possibilità di poter navigare in un catalogo composto da oltre 2000 prodotti, che riescono a soddisfare ogni tipo di richiesta, per qualsiasi settore.
Per l’altra questione invece facciamo riferimento alle norme attive nel nostro Paese: a far fede è in particolare quanto previsto nel tipo di contratto che lega il lavoratore all’azienda. Alcuni documenti infatti prevedono l’inserimento di clausole e articoli che riportano espressamente la richiesta o l’obbligo per il dipendente di utilizzare un abbigliamento elegante o sobrio, senza ulteriori indicazioni specifiche: in questi casi, gli abiti adatti sono a carico del singolo lavoratore, che però può scegliere con maggiore discrezionalità.
Allo stesso modo, quando si parla di uniformi e divise la legge non impone particolari obblighi al datore di lavoro, eccezion fatta per le importanti norme che regolano il comportamento di fronte agli indumenti che devono essere indossati per ragioni di sicurezza e per garantire l’incolumità dei lavoratori. In questo caso, infatti, tocca proprio al datore di lavoro mettere a disposizione tutto l’occorrente, sulla base di quanto previsto nel Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro, e per la precisione dall’articolo 74 del D. Lgs. n. 81 del 2008.
In genere, si ritiene comunque che l’uso di divise, seppur per ragioni di natura organizzativa o estetica, non deve determinare una spesa per i lavoratori, esiste un riferimento anche in relazione al lavaggio degli indumenti, che viene ritenuto un compito appannaggio del datore di lavoro; nei casi in cui sia il lavoratore a occuparsene, quest’ultimo ha diritto a ottenere un rimborso spese.
Altro aspetto da approfondire è quello legato al cosiddetto “tempo divisa” o “tempo tuta“, ovvero il lasso di tempo impiegato dal lavoratore per indossare gli indumenti da lavoro specifici per la sua mansione. Secondo quanto precisato dalla giurisprudenza e ribadito di recente a una sentenza della Cassazione, questo tempo va considerato e retribuito quale lavoro effettivo, ossia quale lavoro che richiede un’occupazione assidua e continua se l’operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo e il luogo di esecuzione, oppure quando si tratti di un’operazione avente carattere strettamente necessario ed obbligatorio per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
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