Nel lavoro Part Time, con il Jobs act (Dlgs n.81/15) cambiano le regole per la flessibilità. Vediamo come cambia il concetto di clausole elastiche e flessibili alla luce delle nuove disposizioni.
Il contratto a tempo parziale deve riportare la puntuale regolamentazione della collocazione oraria della prestazione con riferimento al periodo di lavoro (giorno, settimana, mese o anno).
Il datore di lavoro, quindi, non poteva e non può modificare unilateralmente la collocazione della prestazione lavorativa rispetto a quella stabilita. Tale rigida impostazione è stata però attenuata dal legislatore che ha introdotto le clausole flessibili ed elastiche che sono state rimodulate dal Jobs ACT.
Le clausole nel Lavoro Part time
In pratica le clausole flessibili, qualora presenti nella contrattazione collettiva e riportate nel contratto individuale di lavoro, consentono di variare unilateralmente la distribuzione dell’orario di lavoro fissata nel contratto di lavoro inizialmente sottoscritto.
Con il Jobs act si introduce una nuova regolamentazione delle clausole: scompare la distinzione tra clausole flessibili e clausole elastiche (si parla solo di clausole elastiche). Le parti possono pattuire, per iscritto, clausole elastiche relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa (questa era la definizione delle clausole flessibili nella vecchia disciplina), ovvero relative alla variazione in aumento della sua durata (clausola elastica).
Non è più possibile, per i contratti di lavoro part-time sottoscritti a decorrere dal 25 giugno 2015, indicare, in assenza di disciplina collettiva o, in subordine, di pattuizione individuale certificata, le clausole elastiche.
La certificazione dei contratti di Lavoro Part Time
Il nuovo decreto prevede per una disciplina legale per la regolamentazione dell’accordo, che opera in assenza di regolamentazione contrattuale, anche di secondo livello.
L’accordo delle parti, che deve essere certificato davanti ad una delle commissioni di certificazione (attive anche presso i Consigli provinciali dei Consulenti del lavoro).
L’accordo deve prevedere il riconoscimento al lavoratore di una maggiorazione della retribuzione oraria pari al 15% della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell’incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi diretti e indiretti. La maggiorazione va riconosciuta in ogni caso di variazione delle prestazione sia in aumento che per una diversa collocazione dell’orario di lavoro.