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3 trucchi per trovare il dipendente ideale

Nelle piccole imprese, l’iter di selezione del dipendente ideale può essere visto in 2 modi:

  1. una scocciatura da togliersi il prima possibile.
  2. un divertente stacco dalla noiosa giornata lavorativa standard.

Ma di rado viene visto per quello che è: un momento importante per il successo dell’azienda.

Viene sottovalutata l’importanza di scegliere personale esperto e motivato, velocità ed economicità sono in alto alla lista delle priorità. Dalla mia esperienza, spendere più tempo per la ricerca del dipendente ideale è un investimento che avrà negli anni un rendimento estremo.

Quindi ecco 3 consigli, nati dalla mia esperienza, per trovare il dipendente ideale.

 

Il curriculum del dipendente ideale

Valutare i curriculum è un processo tedioso, ma può far risparmiare molto tempo durante i colloqui: andando oltre le apparenze, si può scoprire fin da subito se un candidato è veramente interessato e ha le competenze richieste.

Anzitutto è bene ignorare le apparenze: pochi candidati si affidano a un professionista per la stesura del curriculum, soprattutto per lavori di basso livello.  E nemmeno sono in grado di scriverne uno efficace per conto loro, come dimostra la presenza costante dell’Europass. Io non considero un curriculum brutto come un segnale necessariamente negativo, se gli altri elementi sono a posto. Quello che guardo è:

  • Indirizzo email: usare un nickname, come “cotoletta89@hotmail.it” è male. Significa che il candidato non ha nemmeno avuto voglia di creare un indirizzo email professionale, che prende non più di 5 minuti. Un tocco di classe, utilizzato da pochi, è il dominio personalizzato del tipo “lavoro@stefanomini.com” (è uno dei consigli che do nel mio modello per compilare un curriculum).
  • Incongruenze: alcune fra le più tipiche sono “competente in informatica” con un indirizzo di posta diverso da Gmail (l’unico provider serio), “inglese livello medio” senza nessuna esperienza all’estero, o “giovane dinamico e innovativo” che usa il formato Europass.
  • Esperienza lavorativa: oltre a dover essere in linea con le mansioni che il dipendente andrà a svolgere, la continuità è importante. Una persona che ha cambiato dieci lavori in tre anni non è l’ideale se cerchi qualcuno per il lungo termine. La mancanza di promozioni, o lunghi periodi senza lavoro, vanno tenuti d’occhio e approfonditi durante un eventuale colloquio.
  • Frasi o esperienze generiche: frasi come “giovane motivato”, “disponibile alle trasferte” o “abile nel teamwork” cercano di mascherare la mancanza di vere esperienze, significa che il candidato non ha più molto altro da dire. Stessa cosa per le esperienze di lavoro generiche o appena accennate, che possono nascondere il tentativo di farle suonare più importanti di quello che sono. La presenza di esempi, dati verificabili e risultati concreti è invece un ottimo segno.
  • Errori grammaticali o di battitura: personalmente scarto subito quasi tutti i curriculum che contengono evidenti errori di grammatica o di battitura, perché evidenziano una scarsa attenzione ai dettagli.


È importante valutare ogni candidato secondo criteri oggettivi uguali per tutti. Per quanto in buona fede, molti reclutatori si basano sulla prima impressione per scegliere chi chiamare. Usare una tabella aiuta, quindi segnati per ogni candidato papabile i seguenti dati e confrontali una volta finiti i curriculum:

  • Anni di esperienza.
  • Eventuali incongruenze.
  • Domande che potresti fare al colloquio.
  • Competenze extra-lavorative.
  • Punti di forza più importanti.

 

Il dipendente ideale si impegna



Il semplice invio del curriculum non dimostra che il candidato sta attivamente cercando lavoro. I disoccupati che inviano CV in massa hanno poca motivazione, e potrebbero portarsi dietro questo atteggiamento anche sul posto di lavoro.

Io do molti punti a favore dei candidati che dimostrano con i fatti il loro interesse a lavorare. Ad esempio con:

  • Una lettera di presentazione personalizzata per il singolo datore.
  • L’invio del curriculum alla persona giusta, e l’uso del suo nome.
  • Una telefonata qualche giorno dopo l’invio.

Per favorire questo comportamento metti online, sul sito aziendale o profilo Linkedin, nome e contatti (telefono e email). Se ricevi troppe telefonate, nascondili un po’ in modo che solo i candidati più motivati riescano a trovarli.

 

Leggi le referenze

Quando individui una lista di candidati che sulla carta hanno i requisiti per lavorare in azienda, contattali direttamente per chiedere i recapiti dei datori precedenti. Già qui la lista si farà più sottile, perché alcuni non risponderanno o inventeranno scuse. Con quelli che rispondono, telefona a due o tre datori per ognuno (meglio se i più recenti) e chiedi informazioni sulla persona: in questo modo sentirai le opinioni di un altro datore.

A meno che quanto senti non sia catastrofico, non scartare un candidato solo in base a quello che dice un altro datore: ricorda che è un essere umano anche lui, e può commettere errori o avere risentimenti ingiustificati. Segnati però i punti problematici e chiarisciti il dubbio durante il colloquio: potrebbe aver ragione il dipendente.

Pochi datori fanno questo passo e vanno direttamente al colloquio, pensando che sia una perdita di tempo. In realtà fa risparmiare tempo e risorse a lungo termine per tre ragioni:

  1. Si scartano i dipendenti inadatti più velocemente di quanto si potrebbe fare con un colloquio faccia a faccia.
  2. Non si rischia di assumere dipendenti poco qualificati o inaffidabili.
  3. Si hanno più informazioni per scegliere il candidato migliore.

 

Conclusione

Individuare il dipendente ideale è un lavoro importante soprattutto per gli studi o le imprese con meno di 5 dipendenti, quando assumere la persona giusta può fare la differenza. Un’impresa è fatta anche da chi ci lavora, e possono aiutarne il successo.

Per questo pongo sempre molta enfasi sulla selezione del personale, ambito nel quale l’Italia è ancora indietro rispetto al resto del mondo occidentale. Approcciare con serietà questa fase porterà benefici sul lungo termine all’azienda.

Stefano Mini

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